
30 luglio giornata mondiale contro la tratta degli esseri umani
Archivio Rivista Scalabriniani
30 luglio giornata mondiale contro la tratta degli esseri umani: Dichiarazione del Centro Studi Emigrazione
Tratta 2025: l’ombra lunga della schiavitù nel cuore del mondo digitale
Ci sono volti che non vediamo, ma che abitano ogni giorno la nostra vita. Volti di donne, uomini, bambini strappati alla libertà, ridotti a merce, nascosti dietro muri invisibili di sfruttamento.
Il 30 luglio si celebra la Giornata Mondiale contro la Tratta di Esseri Umani, ma per milioni di persone nel mondo, ogni giorno è una prigione.
Secondo l’ultimo Global Slavery Index (Walk Free, 2023), oltre 50 milioni di persone nel mondo sono vittime di schiavitù moderna. Un dato agghiacciante, che svela “the darker side of globalization” come la definiscono Barner et al. (2018) e riprende Scialdone (2023) nella rivista Studi Emigrazione, numero 238/2025. Nessun continente è immune, e nessuna società può dirsi estranea. Ci riteniamo persone evolute e democratiche ma dai “sensali di carne umana” contro cui lottava San Giovanni Battista Scalabrini ad oggi, possiamo davvero dire che la battaglia sia stata vinta?
Conosciamo purtroppo la risposta.
Archivio CSER
Non solo prostituzione: la mappa della schiavitù moderna
Non è solo il volto noto della prostituzione forzata a raccontare la tratta. Lo spettro dello sfruttamento si allunga su molti settori: lavoro coatto in agricoltura, edilizia, domestico, accattonaggio, matrimoni forzati, espianto di organi, e nuove forme ibride che si adattano ai tempi. “La tratta interconnette e non risparmia alcun contesto abitato del pianeta”, sottolineano Dimas et al. (2022) e Johannes et al. (2023), in una visione sistemica che evidenzia la mercificazione estrema dei corpi come effetto diretto delle disuguaglianze globali.
Come ricordano i curatori e autori del numero monografico di Studi Emigrazione sulla tratta, ridurre il discorso alla sola figura della “vittima individuale” rischia di oscurare ciò che genera vulnerabilità: povertà, guerre, crisi ambientali, disuguaglianze strutturali, che spingono milioni di persone ai margini. E ai margini, è più facile essere catturati.
Dalla strada al cyberspazio: la tratta si trasforma
Oggi la tratta non viaggia solo sulle strade. Viaggia soprattutto nei fili invisibili della rete. Come sottolinea Gabriele Baratto, “il processo di digitalizzazione ha trasformato radicalmente anche il crimine della tratta”. I trafficanti sfruttano le nuove tecnologie con “approccio imprenditoriale”, adattando le tecniche ai cambiamenti sociali globali.
Il reclutamento oggi passa da finti annunci di lavoro online, da relazioni romantiche simulate via social (il metodo “lover boy”), da forme di sextortion, in cui una vittima viene ricattata con immagini intime per costringerla a prestazioni sessuali o alla produzione di contenuti pornografici. “Internet – scrivono Di Nicola, Baratto e Martini (2017) – permette ai trafficanti di socializzare con le vittime e far accadere tutto da sé”.
Una volta reclutate, le persone possono essere pubblicizzate in “vetrine digitali”, spostate virtualmente da città a città, senza lasciare tracce fisiche. “Il mondo digitale consente di controllare le vittime a distanza, usando spyware, messaggistica criptata e GPS”, aggiunge Baratto. Anche lo sfruttamento può avvenire in diretta streaming, nel silenzio complice di piattaforme che faticano (o non vogliono) intervenire.
Vittime che non parlano. E istituzioni che tacciono
La tratta, avverte l’articolo di Marmo e Bandiera, non si combatte solo con buone intenzioni. Molti Stati non appaiono punitivi come dovrebbero verso sistemi economici che si reggono sullo sfruttamento. E come denuncia Paraciani, spesso gli organismi di controllo risultano opachi, inefficaci, quando non del tutto assenti.
Ci sono storie che non si raccontano, perché mancano i mezzi, le tutele, i testimoni. Come sottolinea il contributo di Di Iorio et al., solo una rete di intervento ben coordinata – come quella sperimentata in Veneto – può fare la differenza. Il contrasto alla tratta richiede un approccio intersezionale e multi-agenzia, non solo repressione, ma anche protezione e reinserimento delle vittime.
Tratta 2025: non voltarsi dall’altra parte
C’è una domanda che oggi non possiamo più rimandare: quanta schiavitù si nasconde nei nostri consumi, nei nostri click, nelle nostre case? Dalla fast fashion ai pacchi consegnati in fretta, dai centri massaggi agli abusi online: la tratta si nutre della nostra indifferenza.
Ogni 30 luglio non è solo una data. È un grido. Un appello a “guardare negli occhi” la parte più buia della modernità, e a riconoscere che quella libertà che diamo per scontata è ancora un privilegio per molti.
Non bastano le leggi. Serve la consapevolezza. Serve il coraggio di scegliere da che parte stare. Perché se è vero – come ci ricorda Baratto – che “non esiste una nuova tratta, ma nuove forme di manifestazione nella società contemporanea”, allora ogni epoca ha la sua responsabilità.
E la nostra è questa: rompere il silenzio, spezzare le catene, restituire voce e dignità a chi oggi non può ancora dirsi libero.

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