
Recensione di Scalabriniani 2-2025: tra frontiere e scintille di speranza
Il numero 2/2025 (marzo – aprile) della rivista Scalabriniani arriva in un tempo cupo, segnato dal riarmo, dalle deportazioni di massa, dalla costruzione di nuovi muri alle frontiere e da un crescente clima di ostilità verso chi è costretto a fuggire. L’editoriale apre con un monito forte e diretto: stiamo tornando indietro, e lo facciamo scegliendo la paura anziché la solidarietà, l’esclusione anziché l’incontro. Una riflessione amara, ma necessaria, che fa da cornice a un numero particolarmente denso e internazionale, capace di unire l’analisi geopolitica al racconto di esperienze concrete.

Tra i contributi più incisivi spicca il reportage di CSER “Muri di paura e ponti di speranza”, che offre una ricostruzione storica e attuale della proliferazione di barriere fisiche e mentali nel mondo, con dati precisi e una narrazione appassionata. Il focus non è solo sulle frontiere blindate, ma anche sul fallimento delle politiche migratorie globali, e sull’urgenza di un cambio di paradigma: dal controllo alla cooperazione, dalla militarizzazione all’accoglienza.
Colpisce, per lucidità e profondità, anche l’inchiesta “Dove sono i deportati?”: un viaggio nell’opacità delle nuove pratiche di espulsione messicane e statunitensi, che racconta, con toni sobri ma graffianti, come la vita delle persone venga gestita in modo burocratico e disumanizzante. L’attenzione agli spostamenti forzati verso Tapachula e alla mancanza di trasparenza istituzionale lascia un senso di inquietudine che non si risolve, ma interroga.
Accanto a queste analisi macro, Scalabriniani porta il lettore dentro luoghi precisi e simbolici della mobilità contemporanea.
A Tijuana, nella Casa del Migrante, si prepara un’accoglienza straordinaria in vista delle nuove deportazioni promesse dall’amministrazione Trump, in un contesto sempre più militarizzato e con fondi tagliati. A Panama, la Chiesa si conferma punto di riferimento nel Darién, dove migliaia di migranti, tra cui moltissimi minori, attraversano la giungla più pericolosa dell’America Latina tra abusi, malattie e violenze.
In Italia, il racconto si sposta nel cuore di Roma Est, a Torpignattara, dove il “Giardino delle religioni” prova a segnare un passo avanti nel dialogo interreligioso, pur mostrando i limiti di un’iniziativa ancora troppo “dall’alto”. È il segnale di un cambiamento possibile, ma fragile, che va accompagnato con maggiore coinvolgimento comunitario. A Lampedusa, la voce delle suore scalabriniane restituisce un’immagine struggente: l’isola resta “porta d’Europa”, ma l’accoglienza spontanea degli abitanti è ormai ostacolata da procedure accelerate che impediscono il contatto umano. “Prima vedevo il mondo passare dalla mia finestra, adesso non più”, dice una parrocchiana. Una frase che sintetizza, più di ogni grafico, lo svuotamento delle relazioni.

Il numero si chiude con due importanti affondi: da una parte, la lotta contro la tratta di esseri umani, affrontata con il linguaggio della denuncia ma anche con esempi concreti di azioni di protezione e reinserimento attuate dalla rete scalabriniana nel mondo; dall’altra, la ricerca promossa dal SIHMA in Africa, che approfondisce i sistemi di protezione per richiedenti asilo in Sudafrica e Uganda, mettendo in luce le sfide e le buone pratiche da condividere.
Infine, la sezione “memoria” ci riporta alle origini del carisma scalabriniano, con il prezioso approfondimento sugli emigrati italiani negli Stati Uniti e in Brasile alla fine dell’Ottocento. Un richiamo storico che non ha nulla di nostalgico, ma illumina l’attualità con una domanda profonda: di quale Chiesa siamo oggi testimoni, nel tempo della mobilità forzata e della speranza calpestata?
In definitiva, questo numero di Scalabriniani è una lettura forte, mai compiaciuta, capace di tenere insieme analisi e testimonianze, denuncia e proposta, spiritualità e impegno civile. Un invito, chiaro e urgente, a non voltarsi dall’altra parte.
IL secondo numero dell’anno di “Scalabriniani” non si limita a raccontare, ma ci chiama in causa. Ci chiede: da che parte stai? Con chi cammini?
È una rivista che accende scintille – come quelle dei vent’anni di ASCS – e ci ricorda che, in questo Giubileo della Speranza, la speranza non è un sentimento passivo, ma un atto di coraggio. Un cammino. Un “sì” quotidiano, ostinato, alla dignità umana.
(Carola Perillo)


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