
Il magistero migratorio di Papa Francesco

Recensione – Il magistero migratorio di Papa Francesco (di Matteo Sanfilippo in Rivista “Scalabriniani”, n. 3/2025)
Con il magistero migratorio di Papa Francesco, Matteo Sanfilippo offre un contributo lucido e documentato che ricostruisce con chiarezza l’impianto teologico, pastorale e istituzionale che ha caratterizzato il pontificato di Bergoglio sul tema delle migrazioni. L’articolo si distingue per equilibrio tra rigore scientifico e profondità interpretativa, capace di restituire senza enfasi superflue l’impatto duraturo di un pontificato che ha collocato il fenomeno migratorio al centro della missione della Chiesa.

Un’esperienza personale che diventa visione universale
Sanfilippo parte da un elemento biografico spesso richiamato da Francesco stesso: le sue radici familiari di figlio di migranti. È un dato che non ha solo valore narrativo, ma diventa chiave di lettura dell’intero pontificato: la Chiesa come popolo in cammino, capace di riconoscersi nei volti e nelle storie di chi oggi si muove per necessità. Da Lampedusa a Lesbo, dal Parlamento europeo alle Rencontres Méditerranéennes di Marsiglia, l’articolo ripercorre con attenzione i momenti-chiave in cui Francesco ha coniugato parola e presenza, elaborando un magistero coerente, radicato nella Scrittura e nella Dottrina Sociale della Chiesa, ma proiettato nel presente.
Accogliere, proteggere, promuovere, integrare: i verbi di una Chiesa in uscita
Al centro della ricostruzione di Sanfilippo vi è l’elaborazione dei quattro verbi cardinali – accogliere, proteggere, promuovere, integrare – formulati nel 2017 e ripresi con costanza negli anni successivi. L’autore ne sottolinea la forza sintetica e la valenza operativa. Non si tratta di uno slogan, ma di una cornice pastorale concreta che ha ispirato – e continua a ispirare – iniziative ecclesiali in tutto il mondo.
In particolare, i Missionari Scalabriniani hanno assunto questi verbi come assi portanti della loro azione missionaria: lo si vede nelle Case del Migrante, come la Casa Scalabrini 634 a Roma – sostenuta e visitata da Papa Francesco – dove accoglienza e integrazione si coniugano quotidianamente con formazione e partecipazione sociale; nei Centri Studi (come il CSER – Centro Studi Emigrazione Roma o il SIMN) che promuovono la ricerca e la riflessione interculturale; nelle missioni pastorali nei cinque continenti, dove i migranti vengono accompagnati spiritualmente e concretamente nelle fasi più complesse dei loro percorsi di mobilità. L’articolo di Sanfilippo, pur non dilungandosi su questi esempi, offre un contesto solido in cui tali esperienze si collocano naturalmente.

Una testimonianza più che una militanza
Il tono scelto da Sanfilippo è sobrio, privo di accenti ideologici, attento a non cedere alla retorica. Il suo sguardo di storico è rigoroso e mai militante: piuttosto, emerge un’attitudine di testimone critico, consapevole del valore ecclesiale e umano del magistero francescano. Chi conosce gli altri suoi lavori sui Missionari di San Carlo – come gli studi dedicati alla storia della Congregazione e al ruolo dei missionari nell’accompagnamento delle diaspore italiane prima e via via globali – riconoscerà in questo articolo lo stile che lo contraddistingue: analitico, rispettoso delle fonti, capace di cogliere il nesso tra passato e presente senza forzature.
Sanfilippo, infatti, non idealizza né semplifica: evidenzia i nodi irrisolti della mobilità forzata, le ambiguità politiche, le difficoltà strutturali nell’organizzazione della risposta ecclesiale. Ma lo fa tenendo fermo il punto di vista della Chiesa come spazio di umanità, dialogo e giustizia.
Un’eredità da raccogliere
Nella parte finale, l’articolo si sofferma sul significato dell’opera Angels Unawares di Timothy Schmalz, voluta da Francesco e posta in Piazza San Pietro: una zattera sovraccarica di migranti di ogni tempo, con un angelo dalle ali spiegate al centro. Sanfilippo la interpreta come simbolo del lascito spirituale del Papa: non un monumento al passato, ma una provocazione per il presente.
Nel contesto dell’attuale transizione tra pontificati, questo scritto non è solo una retrospettiva, ma un invito alla responsabilità. Il nuovo Papa, Leone XIV, eredita un progetto pastorale chiaro, strutturato, urgente. L’articolo non esprime giudizi affrettati, ma richiama l’attenzione sulla necessità di continuità: non per replicare, ma per rilanciare.
(Carola Perillo)

Leave a Comment