
Giubileo dei giovani: in cammino per una società più inclusiva

Dal 28 luglio al 3 agosto 2025, migliaia di giovani da ogni parte del mondo si stanno riunendo a Roma per celebrare il Giubileo dei Giovani, uno degli appuntamenti centrali dell’Anno Santo.
L’evento non è soltanto un incontro di festa e preghiera, ma si configura come un tempo di riflessione profonda sul ruolo delle nuove generazioni nella Chiesa e nella società globale. Un’ occasione unica per rilanciare il valore della comunità, dell’ascolto e dell’impegno condiviso per costruire un mondo più giusto, inclusivo e sostenibile.
La comunità come educatrice
In un tempo segnato da crisi ambientali, conflitti armati, disuguaglianze crescenti e sfide migratorie complesse, la comunità cattolica è chiamata a riscoprire la propria vocazione educativa. Educare oggi significa non solo trasmettere valori spirituali, ma accompagnare i giovani nel discernimento delle loro scelte, offrendo spazi di fiducia, di crescita e di protagonismo.
La comunità è “maestra” quando sa essere madre, capace di cura e accoglienza, ma anche padre, capace di orientamento e responsabilità.
La responsabilità educativa, tuttavia, non è solo della Chiesa.
Tutti gli adulti — credenti e non — portano con sé il peso e il dovere di un’eredità: il mondo che lasceremo ai nostri giovani non sarà frutto del caso, ma delle decisioni e delle omissioni di oggi.
Le disuguaglianze sociali, il degrado ambientale, le guerre, ma anche la fragilità delle relazioni e il senso di spaesamento culturale sono il riflesso di una società che, troppo spesso, ha smarrito la propria rotta.
San Giovanni Battista Scalabrini e la missione di accompagnare chi è in cammino
La figura di San Giovanni Battista Scalabrini si rivela quanto mai attuale. Padre dei migranti, fondatore della Congregazione dei Missionari di San Carlo (Scalabriniani), egli seppe leggere nei grandi flussi migratori del suo tempo non un problema da contenere, ma un’umanità da accompagnare.
La sua visione profetica continua a ispirare il lavoro della famiglia scalabriniana, che oggi opera in oltre 30 Paesi del mondo accanto a migranti, rifugiati, sfollati e persone in movimento.
Essere “Chiesa in uscita”, secondo l’insegnamento di papa Francesco, significa essere anche “Chiesa in cammino”, presente nei porti e nelle periferie, nei centri di accoglienza e nelle frontiere, nei campi profughi e nei quartieri popolari.
È questa la missione scalabriniana: accompagnare, proteggere, promuovere e integrare ogni persona migrante, a partire dai più vulnerabili.
Confini sempre più labili: tra politica e tecnologia
Mentre molte forze politiche contemporanee cercano di riaffermare il concetto di confine come barriera, difesa, esclusione, la realtà quotidiana ci parla di una crescente interconnessione.
I confini geografici, per quanto esistano formalmente, diventano sempre più porosi, attraversati da flussi di persone, merci, idee e informazioni. La tecnologia digitale — con la sua capacità di abbattere le distanze, creare comunità transnazionali, rendere visibili le ingiustizie — ha contribuito in modo decisivo a ridisegnare il significato stesso della parola “frontiera”.
Questo scenario complesso offre ai giovani un ruolo da protagonisti. Sono loro che attraversano le frontiere fisiche e digitali con maggiore naturalezza. Sono loro che vivono la cittadinanza globale non come utopia, ma come orizzonte concreto. Sono loro, ancora, che chiedono coerenza, giustizia, sostenibilità e pace. Ma hanno bisogno di adulti che sappiano stare al loro fianco, senza paternalismi, con umiltà e visione.
I numeri della fragilità: minori non accompagnati e giovani rifugiati
I dati parlano chiaro: secondo l’UNHCR, nel mondo oltre 43 milioni di bambini e adolescenti sono sfollati a causa di guerre, persecuzioni o disastri ambientali. In Italia, nel solo 2024, sono stati registrati più di 18.000 minori stranieri non accompagnati, con un aumento del 20% rispetto all’anno precedente. Giovani spesso soli, vulnerabili, invisibili, che chiedono protezione e dignità. Ogni loro storia interpella la nostra umanità e la nostra responsabilità.
Accogliere e accompagnare questi giovani non è solo un’opera di carità, ma un dovere civico, un atto di giustizia. È il segno concreto di una Chiesa e di una società che non lasciano nessuno indietro, che sanno leggere nei volti di questi ragazzi non una minaccia, ma una promessa.
Un’eredità da costruire insieme
Il Giubileo dei Giovani non si esaurisce in un evento. È un seme. È una chiamata a rinnovare il patto intergenerazionale, a costruire ponti invece di muri, a rendere la fede un’energia trasformativa. In questo tempo che cerca senso e direzione, i giovani — se ascoltati e coinvolti — possono diventare i migliori costruttori di un futuro condiviso.
Come scriveva Papa Leone XIII:
“I giovani sono la speranza della società; da essi dipende l’avvenire delle nazioni.”
Una speranza che interpella tutti, credenti e non, adulti e istituzioni, perché il futuro non si attende: si costruisce, insieme.
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