
8 agosto, Marcinelle: memoria di una tragedia, specchio del lavoro migrante di ieri e di oggi
La memoria degli emigranti italiani
L’8 agosto, la tragedia di Marcinelle, è la memoria di una tragedia che ci racconta il lavoro migrante di oggi e di ieri.
«Quando si dice emigrante, si dice lavoratore». Queste parole, pronunciate da Papa Pio XII nel 1949, condensano il significato profondo di una giornata come quella dell’8 agosto, che dal 2001 è dedicata alla memoria del sacrificio del lavoro italiano nel mondo.
La tragedia di Marcinelle, avvenuta nel 1956 nella miniera di carbone del Bois du Cazier, in Belgio, dove 262 lavoratori persero la vita in un incendio sotterraneo. Tra loro, 136 erano italiani.
Il racconto della tragedia
La mattina dell’8 agosto, una scintilla elettrica generò un incendio che si propagò rapidamente lungo i pozzi della miniera. I lavoratori, intrappolati a centinaia di metri sottoterra, rimasero soffocati dal fumo e dal calore. Per giorni, i soccorritori tentarono invano di salvarli. Alla fine, solo 12 uomini furono estratti vivi. Il resto venne recuperato cadavere o non fu mai più identificato. L’ultima comunicazione registrata da un minatore fu tragicamente chiara: «Nous sommes perdus, tous» – “Siamo perduti, tutti.”
Dietro la tragedia di Marcinelle c’è una storia ancora più grande: quella dell’emigrazione italiana del dopoguerra. Dopo la Seconda guerra mondiale, l’Italia firmò con il Belgio un accordo che prevedeva l’invio di 50.000 lavoratori italiani in cambio di carbone. I minatori, spesso giovani, senza formazione, e provenienti dal Sud, affrontavano turni massacranti, condizioni di sicurezza minime e razzismo diffuso.
Quel patto, noto come “carbone in cambio di uomini”, fu una forma di diplomazia economica che, nei fatti, rese i corpi dei lavoratori italiani una moneta di scambio. Marcinelle divenne il simbolo di questo sacrificio silenzioso, ma non l’unico episodio: il prezzo pagato dalla manodopera italiana all’estero è inciso in decine di altre storie di morte sul lavoro, di sfruttamento e di dimenticanza.
Dal ricordo alla responsabilità: oggi come allora
L’8 agosto non è solo un giorno di lutto, ma anche una giornata di consapevolezza e responsabilità. Come ricorda il Comitato 8 Agosto, oggi la memoria di Marcinelle si intreccia con le vite di nuovi migranti che arrivano in Italia e in Europa alla ricerca di un futuro migliore e che spesso, come i minatori di ieri, finiscono in lavori precari, invisibili e pericolosi. Il parallelo è chiaro: ieri gli italiani, oggi i migranti. Senza dimenticare i tanti morti sul lavoro, vittime di un sistema di sfruttamento ancora in atto che prescinde da nazionalità, cultura, livello di istruzione, religione e genere.
I dati lo confermano: molti lavoratori stranieri oggi operano nei settori più duri e meno tutelati – dall’edilizia all’agricoltura, dalla logistica all’assistenza domestica – e spesso vivono in condizioni di sfruttamento o marginalità. L’Italia, ancora paese di emigrazione, è divenuta dagli anni ‘70 paese di immigrazione, senza che la consapevolezza delle nostre storie all’estero ci aiuti a tutelare tutti i lavoratori italiani e non: onorare Marcinelle significa anche proteggere chi lavora oggi.
Dal 2001, grazie all’impegno di associazioni, sindacati e istituzioni, l’8 agosto è riconosciuto come Giornata nazionale del sacrificio del lavoro italiano nel mondo. Celebrazioni ufficiali si tengono ogni anno a Marcinelle, con la partecipazione di autorità italiane e belghe, discorsi commemorativi e gesti simbolici – come la campana del Cazier che suona a ricordo dei caduti.
Ma la memoria non può essere rituale. Deve essere fertile, capace di generare coscienza sociale, politica e umana. Ricordare Marcinelle significa lottare per condizioni di lavoro sicure, per il riconoscimento dei diritti dei migranti, per un’Europa che non accetti mai più lo sfruttamento come prezzo del benessere.
Marcinelle la storia di tante famiglie
La storia di Marcinelle è la storia di tante famiglie italiane e non. È un monito e un dovere. In un tempo in cui il lavoro è ancora spesso precario, e la vita di chi lavora è spesso trattata come sacrificabile, questa memoria deve tradursi in giustizia, dignità e solidarietà.
Ricordiamo in questa occasione tutti morti sul lavoro per mancanza di tutele e consapevolezza sociale.
«Nous sommes perdus, tous», diceva il minatore intrappolato.
Noi oggi possiamo rispondere: no, non siete perduti se ricordiamo e ci battiamo perché nessuno debba più morire per lavorare.
Leggi per approfondire:
Studi Emigrazione – dicembre 2014 – n.196
Consigli di lettura:
Marcinelle, 1956. Quando la vita valeva meno del carbone – Toni Ricciardi
(Carola Perillo)



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