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Studi Emigrazione n° 232/2023

Studi Emigrazione Anno LX: 232/2023

Ancor più di altre grandi città del Nord interessate dai forti processi di immigrazione avvenuti durante gli anni del boom economico italiano, Torino ha finito per essere erroneamente ed esclusivamente rappresentata, sia nell’opinione comune del Paese, sia nelle prime note inchieste svolte sulla capitale dell’industria automobilistica, sia in tutti i media e nella cinematografia, come la città della grande immigrazione “meridionale” di quel periodo. In modo non diverso, nel corso degli ultimi anni del Novecento e fino a oggi, in concomitanza con il progressivo aumento degli stranieri in tutto il territorio nazionale, la stessa Torino è stata di nuovo identificata come la città dell’immigrazione straniera, sulla scia dell’allarmata percezione dei “nuovi arrivi” dall’estero e delle campagne xenofobe alimentate dai mezzi di diffusione in maniera ancor più preoccupante della precedente. Tale convinzione ricalca le analoghe letture – esclusivamente di breve periodo – di tutti i fenomeni migratori riguardanti il nostro Paese, come del resto altri Stati dell’Europa, e non solo. Queste analisi fanno da contrappeso a quelle che hanno a lungo considerato l’Italia come il Paese dell’“emigrazione all’estero”, e hanno così uniformato fenomeni territoriali e sociali ben più articolati, riconducendoli a un “evento” considerato a sua volta improvviso, cronologicamente
collocato tra l’Unità italiana e i primi anni Settanta del Novecento, e territorialmente confinato al Mezzogiorno. Questi, e altri analoghi stereotipi, hanno impedito di cogliere la lunga durata dei processi di mobilità, il loro articolato movimento circolare negli spazi interni ai territori regionali e locali, nonché l’organizzazione familiare, sociale e professionale dei migranti.