Scalabriniani la Rivista- luglio – agosto – 1999 – n. 4

Il grande esodo dei profughi kosovari è iniziato proprio nei giorni in cui la Chiesa si è fermata a fare la memoria della sofferenza e della morte di Cristo. La guerra micidiale e soprattutto l’esodo forzato hanno richiamato immediatamente la nostra attenzione. Per i profughi c’è stata allora una gara di generosa solidarietà, che continua ancora oggi. Gli esempi del volontariato e delle istituzioni eccle­siali e non, ancora scrivono pagine d’oro di atti eroici. Ora, dopo mesi di guerra e di distruzioni, si fanno sempre più stretti i tempi per arrivare alla solu­zione della grave crisi: il lugubre suono delle sirene è spentoo, le incursioni aeree già non hanno più obiettivi su cui sganciare le bombe micidiali, si parla di pace e di ricostruzione dei martoriati paesi. Si fanno ancora più stretti i tempi per realizzare un piano di ritorno dei profughi alle loro terre. Un piano che sarà certamente di difficile attuazione per gli incalcolabili danni lasciati da una guerra fratricida e devastatrice. Non sarà facile cancellare le immagini delle deportazioni. dei volti insanguinati, dei morti, degli occhi dei bimbi impauriti, affamati, orfani, i fili spinati, le colonne di donne, di bambini e di anziani portati a spalle o in vecchie carriole sotto la minaccia delle mine dis­seminate lungo i sentieri, dell’agguato delle bombe e dei carri armati. Non sarà facile far tornare i profughi in quelle terre devastate dalla pulizia etnica e dalle bombe, dove sono stati cancellati i se­gni di identità delle persone e delle proprietà.