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Studi Emigrazione n°211/2018

Studi Emigrazione 211/2018

a cura di Paolo Barcella

All’inizio degli anni Settanta, l’opera di Hermann contribuiva alla genesi di un filone di prodotti mediatici e audiovisivi dedicati ai frontalieri, ossia a quella particolare tipologia di lavoratori in movimento che stavano diventando sempre più numerosi e rilevanti nel contesto economico, politico e sociale elvetico. Nell’intervista, Hermann sottolineava come i frontalieri non avessero «neanche» il diritto di rimanere a dormire nel paese dove erano impiegati, accennando alle loro difficoltà di «inserimento nella società»: l’uno e l’altro aspetto non erano tuttavia gli effetti collaterali e involontari di un processo – come dalle parole del regista si potrebbe eventualmente dedurre – ma erano l’esito di una scelta politica precisa che definiva per via legislativa come condizione base per l’acquisizione di un permesso da frontaliero quella di non avere alcuna relazione con il territorio svizzero, all’infuori di quanto fosse necessario allo svolgimento della propria attività professionale. I frontalieri, in sostanza, erano la quintessenza del gastarbeiter, il lavoratore ospite, nella misura in cui non solo erano stranieri di cui si intendeva limitare l’inserimento nella società locale, ma non disponevano nemmeno della residenza, rimanendo di conseguenza esclusi da tutti i diritti a essa connessi.