
Dis Union Jack – Immigrazione
Le minoranze si organizzano: lotta politica e associazionismo negli anni Settanta
Il libro di Simone Duranti, Dis Union Jack, offre una chiave di lettura preziosa per comprendere come le dinamiche abbiano ridefinito il volto della società britannica. Attraverso una lente storica sociologica, l’autore ricostruisce l’esperienza dei migranti arrivati nel Regno Unito nel secondo dopoguerra e mostra come questi abbiano trasformato non solo il mercato del lavoro, ma anche i linguaggi della politica della cultura e dei diritti.
A pagina 118, Duranti si sofferma su un nodo cruciale: l’associazionismo delle donne e la nascita del Black feminism negli anni Sessanta. Qui la questione migratoria emerge con forza: molte delle donne protagoniste di questi collettivi erano figlie della diaspora caraiba, africana o asiatica, e la loro militanza politica intrecciavano identità di genere e condizione migrante. La discriminazione che subivano non era solo razzista o sessista, ma radicata nella loro posizione di “estranee” rispetto alla società britannica maggioritaria.
L’associazionismo migrante, sia nelle comunità maschili sia in quelle femminili fu, al tempo stesso strategia di sopravvivenza e laboratorio politico. Creare spazi di mutuo aiuto, centri culturali, associazioni sindacali o gruppi femministi significava affrontare i problemi quotidiani della discriminazione sul lavoro, dell’accesso alla casa, del razzismo istituzionale. Ma significava anche trasformare quelle esperienze in coscienza collettiva, capace di rivendicare nuovi diritti.
In questa prospettiva, il Black feminism britannico degli anni Settanta non riguarda solo la storia delle donne, ma diventa un tassello fondamentale per comprendere come i movimenti migranti abbiano contribuito a ridefinire la cittadinanza e l’identità nazionale. Non a caso, Duranti sottolinea che senza la voce delle donne migranti sarebbe impossibile raccontare in modo completo la storia sociale del Regno Unito contemporaneo.
Un libro che va letto
- Perché collega la storia delle migrazioni con la nascita di nuove forme di attivismo politico, femminista e antirazzista.
- Perché ci ricorda che le battaglie delle minoranze negli anni Settanta hanno costruito un patrimonio di diritti e strumenti di lotta che ancora oggi parlano alle nuove generazioni migranti.
- Perché offre un punto di vista comparativo utile anche per l’Italia e l’Europa, dove la presenza migrante solleva domande simili di inclusione, rappresentanza e cittadinanza.
In un’epoca segnata dalla mobilità globale e dalla crisi delle identità nazionali, Dis Union Jack diventa un testo necessario, non solo per chi studia storia sociale e politica, ma anche per chi lavora sul campo con le comunità migranti e le donne.
È un libro che ci invita a leggere la memoria migrante come risorsa per costruire un futuro più inclusivo.
se volete acquistare il volume:
Se desiderate approfondire su questi è altri argomenti:
Il ghetto e gli immigrati: tra esclusione e integrazione
Recensione del volume “Il mio nome è Balbir”
Sotto lo stesso cielo: un fumetto tra Italia e Argentina
Recensione del libro – Le madri lontane di Stefania Prandi
(Vanessa Klinger)


Leave a Comment