
144 anni di emigrazione italiana in Messico: dalle colonie agricole, ai missionari scalabriniani di oggi
Il 18 ottobre 1881 segnò l’inizio di una pagina poco nota ma straordinaria della storia italiana: l’arrivo a Veracruz del piroscafo Atlántico con 428 coloni italiani diretti verso l’interno del Messico per fondare la Colonia Manuel González, oggi Zentla.
Da quel giorno cominciò una migrazione che avrebbe lasciato tracce profonde nel tessuto sociale e spirituale del Paese, aprendo una lunga storia di intrecci tra Italia e Messico.
Negli anni del Porfiriato, il governo messicano promuoveva la colonizzazione agricola europea.

Puerto de Veracruz dal Volume “Messico Trentino”
Dopo Zentla, altre comunità italiane nacquero in diverse regioni:
- Chipilo (Puebla), fondata nel 1882 da circa 500 veneti di Segusino e dintorni, oggi famosa per la lingua “cipilegna”, un dialetto veneto ancora vivo.
- Nueva Italia e Lombardía (Michoacán), fondate dal bresciano Dante Cusi nei primi del Novecento, modelli di sviluppo agricolo e industriale.
- Altri nuclei minori si insediarono nello Yucatán, nel Veracruz e nel Bajío.

Foto dal volume Cent’anni di Emigrazione. Una comunità veneta sugli altipiani del Messico
Queste comunità, studiate nei volumi Cent’anni di emigrazione di Mario Sartor e Flavia Ursini e in Messico trentino di Renzo Tommasi, hanno saputo unire radici italiane e identità messicana, mantenendo vive tradizioni, culti religiosi e legami linguistici.
L’emigrazione italiana in Messico vista dal “Bollettino dell’Emigrazione”
Le prime cronache ufficiali dell’epoca si trovano nel Bollettino dell’Emigrazione, organo del Commissariato Generale del Regno d’Italia, che già nei primi anni del Novecento documentava le esperienze dei coloni italiani in Messico e le leggi sull’immigrazione varate dal governo messicano.
Queste fonti offrono uno sguardo prezioso sulle difficoltà di adattamento, sulle tensioni con i latifondisti e sulla nascita di cooperative e scuole nelle nuove “Italie d’America”.
Bollettino Dell’Emigrazione 1908- n. 19
Trovate articoli sulla situazione degli italiani in Messico nei numeri del Bollettino dell'emigrazione dal 1902 al 1910
Una fonte preziosa di informazione sulla reale vita dei coloni italiani in Messico, prima dell’arrivo del 1881 a Veracruz, ci viene dall’articolo di Nunzia Messina “Aspetti e problemi dell’emigrazione italiana in Venezuela e Messico da studi Emigrazione n. 45/1977”
Il sogno messicano dei coloni italiani (1876-1879)
Negli anni Settanta dell’Ottocento il Messico, uscito da rivoluzioni e crisi politiche, cercava di rilanciare la propria economia agricola attirando coloni europei. Anche alcuni italiani — piccoli proprietari, commercianti, artigiani — guardarono con speranza a quelle terre lontane, presentate come fertili e ricche di opportunità.
Ma il sogno si scontrò presto con la realtà. Come mostra Nunzia Messina nel suo studio del 1977, le colonie italiane sorte o progettate in quegli anni — da Papaubla a Jabasco, fino ai piani del capitano Enrico Valentino Conti — incontrarono difficoltà insormontabili.
Il Messico appariva promettente: un territorio vastissimo, climi diversi e terreni fertili che sembravano ideali per la coltivazione. Tuttavia, a questi vantaggi naturali si contrapponevano problemi profondi: assenza di infrastrutture, mercati interni limitati, isolamento geografico e una società ancora divisa tra élite creole e popolazioni indigene.
Gli italiani presenti erano pochi — circa 2.000 su un totale di 15.000 stranieri — e perlopiù artigiani o piccoli commercianti. I tentativi di fondare colonie agricole fallirono per mancanza di capitali, di sostegno politico e di vie di comunicazione.
Il progetto del capitano Conti, che proponeva di trasportare centinaia di famiglie settentrionali a Veracruz con l’appoggio del governo messicano, restò sulla carta. Pur approvato in via di principio, non fu mai realizzato: le condizioni economiche e la scarsa sicurezza del Paese scoraggiarono gli investitori.
Anche le autorità italiane, consapevoli dei rischi, arrivarono a sconsigliare apertamente l’emigrazione in Messico, ritenendola pericolosa e illusoria. Le colonie sorte negli anni precedenti — sia italiane sia francesi o austriache — erano già miseramente fallite.
Così, tra burocrazia, epidemie, terre incolte e promesse tradite, il sogno dei coloni italiani in Messico si spense rapidamente. Rimase solo una traccia nella memoria storica: quella di un’illusione nata dalla speranza di rinascita e infranta contro le dure condizioni del Nuovo Mondo. I coloni furono anche limitati dalla legge del 31 marzo 1875 che accordava per 10 anni l’esenzione dalle tasse e l’esclusione dal servizio di leva, ma vietava l’importazione di viveri, strumenti di lavoro, macchine e animali.
Infatti, questa normativa era volta a stimolare gli scambi commerciali, ma imponeva ai già poveri coloni italiani costi non affrontabili, che rendevano ancora più illusorio il sogno di realizzare colonie agricole.
Missionari italiani: una migrazione spirituale
Accanto ai coloni, si mossero anche missionari italiani, portatori di una migrazione “spirituale” e culturale.

Il volume Missionari italiani in Messico di Mario Marini e Salvatore Schembri (1991) ricostruisce la presenza di sacerdoti e religiosi italiani nelle diocesi messicane dal XIX al XX secolo, in particolare nelle regioni più povere o isolate come la Baja California, la Sonora e l’Oaxaca.
Questi missionari si dedicarono all’evangelizzazione, all’educazione, alla cura degli infermi e alla promozione umana delle popolazioni indigene e rurali. Le loro missioni furono anche ponti culturali, capaci di creare dialogo tra italiani e messicani, in continuità con i valori di solidarietà nati nelle colonie agricole.
Dalle colonie ai confini: la continuità scalabriniana
Oggi quella stessa vocazione missionaria continua grazie ai Missionari Scalabriniani, fondati da San Giovanni Battista Scalabrini, patrono dei migranti.
Presenti in Messico dagli anni ’80, gli Scalabriniani hanno trasformato l’esperienza di accompagnamento dei migranti italiani in un impegno universale per chi attraversa le frontiere del dolore e della speranza.

Sulla Rivista L’Emigrato italiano trovi diversi numeri degli anni ’80 del novecento che parlano dell’esperienza missionaria degli scalabriniani in Messico.
Le loro Case del Migrante sono diventate simboli di accoglienza e diritti umani:
- Tijuana: fondata nel 1987, è la più antica casa per migranti del Paese, punto di riferimento per chi tenta di attraversare il confine con gli Stati Uniti.
- Ciudad Juárez: offre rifugio, assistenza legale e sostegno psicologico ai migranti e ai richiedenti asilo.
- Tapachula, Monterrey, Mexicali e Guadalajara: sedi di nuove missioni scalabriniane, coordinate dalla Provincia “San Giovanni Battista” che copre Messico, America Centrale e Caraibi.
Qui, religiosi e laici scalabriniani vivono il carisma del fondatore: “essere migranti con i migranti”, accompagnando chi fugge da violenze, disastri ambientali e povertà.
Un filo che unisce due storie
Dai pionieri del 1881 ai volontari delle Case del Migrante, la storia italiana in Messico racconta un filo ininterrotto di solidarietà.
Oggi, come allora, italiani e messicani condividono un’esperienza di frontiera: quella tra la perdita e la speranza, tra l’identità e l’accoglienza.
Celebrando il 144° anniversario dell’emigrazione italiana in Messico, ricordiamo non solo i coloni che misero radici in una nuova terra, ma anche i missionari e gli Scalabriniani che continuano a seminare umanità sulle rotte del mondo.

(Carola Perillo)
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Research Centers on Migration and Refugees da Studi Emigrazione 239
MIGRANTES – Congregacion de los misioneros de San Carlos – Scalabrinianos



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